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L’adozione è basta sulla leggere 184/1983 modificata nel 2001 la quale disciplina l’adozione e l’affidamento nel diritto del minore ad una famiglia. E’ quindi un suo diritto e non nostro! e questo, per chi inizia questo percorso deve essere, a mio avviso, il cardine di ogni riflessione.

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E’ un diritto del bambino quello di vivere e crescere in una famiglia, (per la legge possibilmente quella biologica) che ne garantisca una crescita armonica e che tenga conto delle sue inclinazioni.

 

 

Il percorso adottivo, dicono, essere un percorso ad ostacoli. Ma per chi? Per noi genitori che realizziamo il nostro sogno o per quei bambini che hanno bisogno solo di un luogo da chiamare casa e di affetti sereni e duraturi?

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Arrivare alla scelta di adottare non è per tutti facile, il senso di impotenza quando si scopre che, per una ragione o per l’altra non si riesce a procreare, ha bisogno di tempo per essere elaborato esattamente come un lutto. Ma, quando si è preso consapevolezza della situazione, quando ci si rialza e lo si fa a testa alta e si sceglie di adottare allora è lì che bisogna fermarsi, pensare, ed essere onesti con se stessi.

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Il figlio adottivo non è la sostituzione di un figlio biologico, ma, soprattutto, non è la risposta ad una nostra necessità.

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L’adozione è e deve essere un percorso di accoglienza e condivisione! Bisogna essere aperti e pronti ad accogliere i propri figli con le loro storie, i lori vissuti, i loro ricordi e le loro emozioni. Bisogna condividere le nostre vite con le loro, le nostre storie con le loro e le nostre origini con le loro. Bisogna essere forti, pronti e capaci ma soprattutto onesti, prima di tutto con se stessi.

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Non è facile ammettere una mancanza, non è facile rinunciare ad un sogno ma solo quando si è veramente sicuri di ciò che si prova, limiti compresi, allora si è pronti e forti per aprire il nostro cuore e le nostre braccia.

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Gli incontri di gruppo con gli assistenti sociali, gli psicologi e altre coppie che, come noi, iniziano questo percorso, ognuna con la propria storia servono anche a questo.

Servono a confrontarci e a valutare. Sono un’opportunità non un esame. Si ha l’opportunità di capire ESATTAMENTE, a freddo, ciò che la coppia può accogliere.

 

Per fortuna però esistono gli incontri, esistono i servizi, esistono i gruppi, amici, internet e …. si inizia a porsi delle domande, ad immaginare la propria famiglia a capire qual è la relata della situazione in cui viviamo.

E' qui che il gioco si fa duro, la coppia si confronta e si capisce che un limite c’è ed è fatto per essere individuato superato.

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Per prima cosa si affronta il fattore età …

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Se prima ci immaginavamo con passeggini, notti in bianco, pannolini e rigurgiti oggi ci vediamo al parco a spingere un’altalena, a correre in bici a nuotare al mare o camminare in montagna. E’ utopistico (anche se succede più spesso di quanto pensiamo) pensare che nostro figlio arrivi in fasce.

Ci troviamo a pensare che nostro figlio, che vorremo aver potuto difendere dal primo istante sulla terra, potrebbe invece aver sofferto di abbandoni, abusi, violenze e ci prepariamo, ci facciamo forti, ci sentiamo pronti a proteggerlo dal suo primo momento con noi per tutti i giorni a venire.

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Questo vale sia per l’Adozione Internazionale che per la Nazionale.

 

Poi si affronta il rischio giuridico, in genere (ma non sempre) collegato alla realtà dell’adozione nazionale.

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Quando si sente parlare di rischio giuridico per la prima volta, la reazione primaria è quella di paura e negazione; “chi mai può accogliere un figlio amarlo e accudirlo per poi poter essere costretti a doverlo “restituire” a quelle stesse persone che lo hanno abbandonato?” Bhe, detta così, nessuno.

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E’ affrontando questo delicato argomento che si decide, nel concreto, se aprirsi o meno all'adozione nazionale. Negando la disponibilità al RG le, già poche, certezze diminuiscono.

 

Da mamma che il rischio giuridico lo ha corso, vissuto e superato vorrei condividere con voi le mie personali riflessioni in merito magari riesco a contagiarvi con la mia conosciuta positività!

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Partiamo dal presupposto che è una scelta di coppia, che non c’è una scelta giusta o sbagliata e che ciò che è “giusto” per qualcuno può non esserlo per un altro. Questo ci tengo a sottolinearlo!

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Quando io e mio marito abbiamo iniziato ad informarci per muovere i primi passi nel percorso adottivo come credo la stra-grande maggioranza di noi, eravamo partiti con un grande NO al rischio giuridico.

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Un giorno, durante gli incontri di gruppo che la nostra ASL organizza per chi ha intenzione di dare disponibilità all'adozione, è intervenuta una coppia per cui il rischio giuridico ha portato alla “restituzione” del figlio al padre biologico. Quell'incontro ci ha aperto gli occhi su degli aspetti che non avremmo mai preso in considerazione.

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La “restituzione” (vi prego passatemi il termine) avviene solo ed esclusivamente nel caso in cui un membro della famiglia di origine sia EFFETTIVAMENTE e DEFINITIVAMENTE in grado di prendersi cura in modo idoneo del bambino.

La temporaneità della situazione in cui versa la famiglia biologica non è a favore della stessa.

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Allora abbiamo pensato: ma se, anche per un periodo più o meno breve, io posso far vivere un bambino in una situazione di amore, rispetto e dargli le cose, come una casa, la scuola, gli affetti, di cui ha diritto allora potrò fare per lui la differenza.

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Partiamo dal presupposto che, oggi come oggi, almeno che non sia un caso di parto anonimo, si parla quasi sempre di rischio giuridico (più o meno altro sempre rischio è), ma oggettivamente quante volte dei genitori a cui sono stati tolti i propri figli per abusi, incuria, droga o alcol riescono a reintegrarsi totalmente? E nel caso per esempio di ex tossicodipendenti, riuscirebbero a rientrare nel mondo del lavoro? Riuscirebbero a mantenere se stessi e i figli?

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I casi in cui il figlio dato in adozione rientra nella famiglia di origine sono rari e quasi sempre positivi (per esempio nel caso della coppia che ci fu presentata il padre biologico era una figura assolutamente positiva che era venuto a conoscenza dell’esistenza del figlio solo a posteriori). Allora la nostra disponibilità non deve valutare solamente la nostra capacità ad un eventuale restituzione ma, soprattutto, la nostra capacità a gestire un rischio giuridico potenzialmente lungo. Credo che questa sia la più grande difficoltà.

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Riusciremmo a dedicarci a quel bambino considerandolo nostro figlio senza vederlo camminare per casa con una spada di damocle sulla testa? 

Riusciremmo a goderci i tanti, tantissimi, momenti felici che ci regaleremmo a vicenda senza sentirci “in prestito”?

Bhe nel momento in cui quel bambino entrerà nella nostra vista è già nostro e non è lui e non siamo noi  “in prestito” ci è stato affidato perché noi siamo la migliore famiglia che, al momento, può avere.

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Poi, non lo nego affatto, è desiderio di tutti che questa situazione diventi definitiva e io per prima avrei combattuto con le unghie e con i denti nel caso fosse stato necessario.

 

Ma ricordiamoci sempre, nel fare i nostri ragionamenti a mente fredda che possiamo dire di NO! Non è facile, non è banale non è nemmeno scontato ma, avendo fatto un ragionamento di quelle che sono le nostre reali capacità e disponibilità nell’eventualità che ci venga proposto un abbinamento per cui non ci sentiamo idonei per le più svariate ragioni che possono essere dettate dagli impegni, dalla storia del bambino, dalla vicinanza o lontananza geografica della famiglia biologica dalla potenziale lunghezza in termini di tempo del RG o … o … o… abbiamo la possibilità di dire di NO senza precluderci alcuna opportunità. Il fatto che, ad una proposta di abbinamento si rinunci, date le giuste e dovute giustificazioni, si dimostra solo di essere oggettivi e coscienti dei propri limiti. Accettare ad ogni costo un abbinamento non è positivo né per la coppia né per il bambino, che non trovandoci pronti ad affrontare la situazione subirà ulteriori danni.

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Insomma il Rischio Giuridico è un rischio, su questo non c’è dubbio ma è rischio che, a mio avviso, vale la pena correre per dare a nostro figlio la possibilità di raggiungerci, per dargli una mamma e un papà che sappiano prendersi cura di lui per tutto il tempo che sarà necessario, sia questo un mese, un anno o tutta la vita.

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